I contratti matrimoniali secenteschi
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Nell’Archivio di Stato di Napoli si conserva un volume di atti del notaio calitrano Nicolantonio Rosa, redatti tra il 1605 e il 1612(1). Oltre alle consuete pratiche notarili (compravendite, testamenti e altro), il volume contiene diversi contratti matrimoniali.
Teresa Di Maio, nel suo libro sugli usi e i costumi di Calitri(2), sottolinea, a proposito del matrimonio, l’importanza che avevano gli accordi economici tra i genitori dei due sposi, descrivendo le trattative che intercorrevano tra le famiglie. I contratti matrimoniali secenteschi sono gli antenati degli accordi descritti dalla professoressa Di Maio, con in più l’ufficialità delle intese sancite davanti a un notaio. Nei patti, stipulati tra il padre della ragazza e il futuro marito, le spose non avevano voce in capitolo: potevano decidere solo il colore dell’abito che avrebbero ricevuto in regalo dallo sposo.
Qui di seguito sono stati trascritti alcuni brani di questi contratti, di particolare interesse per la lingua nella quale sono redatti, una sorta di dialetto colto, a metà tra la lingua giurisdizionale notarile e il dialetto parlato; e per le descrizioni dei corredi matrimoniali, ricche di informazioni sull’abbigliamento dei calitrani, sull’arredamento delle abitazioni e sugli oggetti della vita quotidiana di quei tempi.
Nei brani presentati c’è un’ampia varietà di situazioni: si coglie subito la differenza tra i contratti delle persone più povere, come la vedova Marianna Zuglio, impegnata a ripartire equamente la proprietà fra tre figlie in età da marito, e Carlo Di Lorenzo, che per formare la dote della figlia deve ricorrere al monte di pietà istituito dal principe Gesualdo(3); e i patti stipulati dai più facoltosi, che possono promettere ai futuri sposi anche un pezzo di terra, come fa Donato Scoca, o un ricco corredo, come quello descritto nell’accordo tra Serafino Rabasca e il genero Francesco Cicoira. Un caso curioso è rappresentato dai fratelli Cesare e Bartolomeo Frucci, veri esperti di patti matrimoniali “all’uso di Calitri”, avendo maritato ben quattro sorelle per dividere il meno possibile l’eredità paterna; nello strumento redatto per dare in moglie le sorelle Filippa e Lucrezia a due fratelli, Girolamo e Mariano Toglia, i due Frucci sembrano preoccupati soprattutto di prevenire ogni futura pretesa delle sorelle sui beni di famiglia.
In conclusione i contratti matrimoniali secenteschi, oltre a essere un’importante fonte per lo studio della storia sociale di Calitri, descrivono con tinte vivaci aspetti del costume e delle tradizioni che vanno scomparendo e costituiscono, al di là del loro interesse documentario, una piacevole lettura.