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Le origini della famiglia Mirelli
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I nuovi signori di Calitri, assillati dal problema delle non chiare origini della loro casata, nel 1701 depositarono presso l’archivio della Regia Corte le copie di alcuni documenti che, secondo loro, avrebbero provato l’antichità della famiglia; le carte furono consegnate a un personaggio di indubbia autorità, Sigismondo Sicola, archivista della Regia Corte, che le confrontò con quelle conservate nell’Archivio e le dichiarò conformi agli originali, aggiungendovi tuttavia la clausola “meliori revisione semper salva”, affermando cioè che quei documenti avevano bisogno di un controllo più approfondito.

Le stesse carte furono trascritte in una memoria a stampa, nella quale si tentava di dimostrare che i signori di Calitri discendevano da un ramo della famiglia genovese Mirelli detta “Scannasorice”, estinta da tempo, e che dei documenti consegnati all’Archivio la famiglia di Teora ne conservava gli originali nel suo Castello di Calitri, con le armature de’ nobilissimi Guerrieri di Lei. Que’ diplomi, quelle armature, le dipinte immagini di que’ Guerrieri, i drappi, gli argenti, l’oro, le gemme e mille altre ricchezze; e, per tremenda sventura, le persone tutte di casa Mirella, tranne il Marchese Carlo, lontano, furono sepellite nelle ruine del Castel di Calitri, quando il terribile terremoto del 1694 distrusse quel Castello e la Terra”(6).

Di questo opuscolo, datato 1839 e ricavato da uno scritto di Francesco Maria Mirelli (m. 1763), figlio di Carlo e primo principe di Calitri, si conservano alcuni esemplari nelle biblioteche napoletane, mentre una ristampa di qualche anno successiva (1847) è nell’Archivio di Stato, tra le carte della famiglia.

Discutendo di questo memoriale, del quale aveva rinvenuto una copia in una miscellanea ottocentesca, Gerardo Cioffari ne aveva già messo in evidenza la fragilità come prova documentale della nobiltà della famiglia(7), e anche le antiche opere sulla nobiltà del Regno di Napoli smentiscono la ricostruzione genealogica proposta dai Mirelli. Nei due volumi del trattato cinquecentesco di Scipione Ammirato la famiglia non è mai menzionata, mentre tra le opere secentesche Carlo de Lellis cita una sola volta una famiglia Mirelli genovese e Biagio Aldimari, contemporaneo dei marchesi di Calitri, se la cava diplomaticamente con mezza pagina nella quale, dopo avere accennato a un paio di Mirelli della terra di Positano vissuti tra il XIV e il XV secolo, fa iniziare la storia della famiglia dalla metà del Seicento(8).


 
   
     
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