Basta fare un giro nel centro storico di Calitri per capire quante cose sono successe negli ultimi vent'anni: strade deserte, porte sbarrate, case vuote, qualche cane randagio e pochi, pochissimi vecchi. Sugli usci chiusi, tante bottiglie di plastica, perché secondo qualcuno, come un vecchio rito pagano, servono a mandar via i gatti che sporcano gli ingressi delle case.
Il terremoto, iniziato il 23 novembre 1980, non è ancora terminato; come una terribile e fatale malattia continua a portarsi via, giorno dopo giorno, attimi di vita al corpo esausto di Calitri.
Ma forse anche il peggiore dei mali può stancarsi di infierire sulla sua vittima; anche se il male non ha coscienza, potrebbe dichiararsi, a sua volta, esausto, e abbandonare, per un senso di pietà, la sua vittima e allontanarsi.
Forse questa è sola illusione, il male, se non si cura, non si estingue, può rallentare, ma non cessare.
Ma noi pensiamo che tutto ciò possa esser vero e immaginare che lungo quell'antica strada che vede allineati i palazzi di Tozzoli, Zampaglione, Berrilli, la vita possa tornare a scorrere, con meno intensità, con meno ardore, ma forse con più consapevolezza, con più verità.
Ed ecco alla fine della strada, dove la collina gira verso nord, quella casa che porta sull'angolo della facciata il volto enigmatico di un signore con i baffi, quella casa riapre. Riapre perché il vento che porta via il passato, forse, solo per un attimo, ha cessato di soffiare e fermandosi sul viso di quel signore sconosciuto gli ha restituito il sorriso. Un sorriso che ha contagiato quanti pensano che, nonostante tutto, le pietre che lì sono state posate hanno dato un senso all'esistenza degli uomini.
Riapre perché altri uomini possano significare la loro esistenza, possano offrire la loro vita ad altri.
Riapre perché altre case possano riaprire.