La loggetta della casa
comunale
Una casa a via P. Berrilli

Spesso le abitazioni avevano un altezza considerevole, con il solaio formato da una volta a botte. L'altezza della stanza poteva raggiungere anche i 5 metri e per sfruttare tale spazio, a metà dell'alloggio, ad una certa quota si erigeva, con travi di legno, un soppalco (a'na't). Sul soppalco, quasi sempre, vi erano il letto dei genitori o dei figli.
In fondo, si trattava di un alloggio duplex, con una scala provvisoria in legno che collegava i due livelli.
L'alloggio era dunque caratterizzato da un unico spazio, con la compenetrazione totale tra le varie funzioni: nessun corridoio o spazio di disimpegno; certo ne soffriva la privacy, non solo tra le persone della famiglia, ma anche tra questi e qualche ospite occasionale.
I discorsi, le confidenze, le chiacchierate, le liti si svolgevano su quel modesto palcoscenico che era la casa, ove ognuno era costretto a condividere le proprie esperienze di vita con gli altri membri della famiglia.
Ma la casa non era solo spazio abitativo; a volte anche un modesto laboratorio per cucire, ricamare, uccidere il maiale, preparare i salami, i pomodori.
Il tutto avveniva con un'esemplare economia degli spazi, delle suppellettili, del mobilio ed un'accorta separazione e suddivisone degli ambiti, in modo da ridurre i sempre latenti conflitti familiari.
Forse, proprio per questo, i figli trascorrevano gran tempo della loro infanzia nella strada, i padri, il tempo libero, fuori, con gli amici.
Agli inizi degli anni sessanta, tutto è cambiato.
Moltissimi Calitrani hanno costruito un'abitazione più moderna e funzionale, alla periferia del paese, lungo la "Variante" e al "Macello".