I sindaci di Calitri
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1752- Marco Galgano e Giuseppe Codella
Il nuovo catasto, chiamato “onciario” perché le tasse erano espresse in once (un’oncia corrispondeva a 6 ducati), fu istituito nel 1741 da Carlo di Borboneper proporzionare le tasse alla proprietà di ogni cittadino del Regno (solo la capitale del Regno, come già era successo in altre occasioni, fu esentata dalla contribuzione). Le operazioni preliminari del catasto iniziarono in Calitri nel mese di settembre 1752, con la collaborazione del sindaco Marco Galgano e degli Eletti Nicolò Paolantonio, Leonardo di Maio, Donato Cestone e Giuseppe di Napoli; nell’ottobre 1752 fu eletto sindaco Giuseppe Codella, con gli Eletti Pasquale Berrilli, Antonio del Cogliano, Donato Pignone, Antonio di Milia, Antonio Toglia; gli accertamenti andarono avanti per oltre un anno, e si conclusero nel 1753(14). Tra i maggiori contribuenti, secondo i nomi riportati da Giulio Acocella, figurano anche gli Eletti Leonardo Di Maio, massaro di campo, abitante in via S. Canio, tassato con 121 once (726 ducati), e Pasquale Berrilli, possidente, tassato con poco meno di 100 once (circa 600 ducati)(15).

1773 - Antonio Margotta
Il nome di questo sindaco è riportato in alcune pagine aggiunte al manoscritto della Cronista Conzana, nelle quali si parla dei proventi della mensa arcivescovile di Conza. Il sindaco, a nome dell’amministrazione cittadina, ringrazia l’arcivescovo Giulio Cesare Caracciolo per avere esentato l’Università di Calitri dal pagamento di una decima(16).

1797 – Giovanni Cestone
Vito Acocella lo ricorda per l’azione legale che questo sindaco intraprese nel Sacro Regio Consiglio di Napoli contro i Mirelli, che, in qualità di abati commendatari di Santa Maria in Elce, rivendicavano a sé il completo possesso di alcuni territori intorno all’abbazia(17). Nel 1797 i magistrati napoletani riconobbero le ragioni dell’amministrazione di Calitri e il sindaco fece dividere in piccole quote tra i cittadini i territori chiamati “Spineto di Luzzano”, “Difesette” e “Pascone dell’Abbazia”, che in seguito i calitrani difesero con le armi contro i tentativi di rivincita dell’abate Michele Mirelli.

1809 - Giacomo Vitamore
Il decennio di governo dei Napoleonidi, all'inizio del XIX secolo, produsse nel Regno di Napoli profondi cambiamenti. Nel 1806 il re Giuseppe Bonaparte emanò la legge che riformava le amministrazioni locali, confermata nel 1809 dal sovrano successivo, Gioacchino Murat. In conseguenza di queste leggi

ogni Comune […] ebbe una propria amministrazione - il Decurionato - eletta in pubblico Parlamento, fra i proprietari e coloro che vivevano con professione di arti liberali, dichiarati eleggibili. I decurioni erano dieci nei Comuni che avevano fino a 3.000 ab.; da questo numero fino a 10.000 ab. se ne estraevano a sorte tre ogni mille. Un terzo almeno dei decurioni doveva saper leggere e scrivere. Si poteva essere decurione a 21 anni(18).

Per essere eleggibili, i decurioni dovevano avere una rendita annua di almeno 24 ducati nei comuni fino a 3.000 abitanti, mentre nei comuni tra 3.000 e 6.000 abitanti la rendita minima richiesta era di 48 ducati.

Negli stessi anni furono celebrati i processi della Commissione feudale, istituita in seguito ai decreti di Gioacchino Murat che abolivano la feudalità. Attraverso i processi furono tolti ai baroni molti beni, che in seguito furono assegnati ai Demani delle Università(19). Nei documenti degli Affari demaniali e feudali che riguardano Calitri si incontrano i nomi degli amministratori che curarono gli interessi dell’Università nella lunga vertenza contro i feudatari della famiglia Mirelli. I sindaci ricordati nelle carte sono i seguenti: Benedetto Cestone (1801-2), D. Francesco Maria Berrilli (1803), Vito Maffucci (1804-5), Giuseppe Zabatta (1806)(20). Vito Acocella riporta il nome di un altro sindaco, Giuseppe Zampaglione (1805), mentre nel 1809 fu sindaco Giacomo Vitamore (21).

 
   
     
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