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Vivere a Calitri, negli anni passati, non era molto
confortevole. Le case erano piccole e composte, la maggior parte, da un
solo vano.
La porta d'ingresso dava direttamente sulla strada ed, una volta entrati,
ci si trovava in quell'unica stanza. Nella parte anteriore, il camino,
insieme o poco distante dalla fornacella (la cucina in muratura), il tavolo
per il pranzo, le sedie e qualche altro mobile (la credenza, chiamata
cristalliera), .
Più in là, il letto matrimoniale, con a fianco quelli dei
figli, la culla, i comodini, il comò. In fondo il ripostiglio,
spesso un antro, scavato nel tufo, che si protraeva oltre il limite della
strada sovrastante. Il ripostiglio, a volte, ospitava animali domestici:
l'asino, il mulo, il maiale. La vita era difficile ed i Calitrani, che,
nella maggior parte lavoravano da braccianti agricoli, erano costretti
ad allevare animali domestici per integrare il loro reddito: il mulo e
l'asino servivano per trasportare gli attrezzi, raggiungere i campi e
per raccogliere la legna nei boschi; il maiale, invece, era il sostegno
alimentare per tutto l'anno. Da esso si ricavavano i salami, il lardo,
la sugna.
Certo non era piacevole ospitare in casa un animale, ma sicuramente necessario.
I servizi igienici erano inesistenti. L'acqua è arrivata in tutte
le case alla fine degli anni cinquanta. Il pitale, che veniva versato
nella fogna della strada antistante, serviva alle necessità impellenti.
Un bacile di ferro smaltato, depositato su un treppiede, era il necessario
per lavarsi il viso e le mani. Nel secondo dopoguerra, sono comparsi i
primi vasi igienici, alloggiati in un angolo angusto, separati dal resto
della casa da un misero tendaggio.
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