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Il territorio di Calitri è ricco di argille quasi pure e di estrema plasticità, atte ad essere lavorate allo stato naturale.

L'abbondanza di argille e il ritrovamento di manufatti in ceramica risalenti alle epoche più antiche (a partire dal IV e III secolo a.c.) fanno supporre l'esistenza di fornaci già in epoche remote. Ma fino ad oggi delle fornaci antiche o di epoca medievale presenti sul territorio non è affiorata traccia.

La prima testimonianza della presenza di un'attività fornaciaia in Calitri risale al XVI secolo. In una lettera conservata nell'Archivio di Stato di Parma, inviata nel 1573 dal Cav. Gesualdo al cardinale Alessandro Farnese, si fa riferimento a vasi comandati e ordinati da inviare a Roma. Doveva trattarsi di vasi molto belli, non soltanto di terracotta ma probabilmente anche decorati.

Un'altra testimonianza, datata 10 aprile 1688, ci viene dai registri dell'Archivio Parrocchiale di Calitri. In uno di essi l'arciprete del tempo, annotando un avvenimento accaduto in quei giorni, fa riferimento ad una fornace ubicata verso la Posterla.

Una ulteriore testimonianza ci viene dalla relazione fatta dal Vinaccia, nel 1737, che nel presentare lo stato delle condizioni economiche, sociali e civili della popolazione di Calitri fa riferimento alla presenza in Calitri di "2 fornaciai in cuocer creta". Andando avanti nel tempo le testimonianze sono sempre più numerose, fino ad arrivare al secolo scorso quando anche nello stradario locale troviamo conferma di tale attività.

L'attuale vico Tornillo, era già noto nel '700 come "Vico dei Tornilli" cioè di quegli abili artigiani che utilizzavano il tornio a pedale per lavorare la creta. Abbiamo poi via Faenzari il cui nome prende origine dalla presenza di artigiani, che nel '600 sarebbero stati fatti venire da Faenza, grazie all'interessamento di un vescovo. A conferma di ciò, oltre alle fornaci ancora presenti non più attive, vanno segnalati alcuni cognomi quali Lampariello, Tornillo e Spriuolo non tutti tradizionalmente di Calitri.

I fornaciai oltre ad occuparsi della produzione, vendevano direttamente il vasellame partecipando alle varie fiere che si tenevano nei paesi limitrofi. Essi producevano, oltre a vasellame e stoviglie, anche quadroni per pavimenti in cotto, piastrelle per cucina dipinte con vari decori che erano molto richiesti nella provincia di Salerno e in Basilicata. L'attività fiorente che nell'800 aveva avuto molta importanza per l'economia locale, già agli inizi del '900 aveva avuto un tracollo economico con il progresso industriale avvertito nel settore.

Nel 1912 il prof. Anselmo De Simone, su incarico della Camera di Comercio di Avellino, disponeva uno studio sullo stato dell'industria della Ceramica nei paesi della provincia di Avellino, fra i quali anche Calitri. Il De Simone, dopo aver descritto i poco progrediti sistemi di produzione, e quindi poco remunerativi, degli artigiani Calitrani, suggerisce loro alcune modifiche per aumentare la produzione e diminuire i tempi di lavorazione.

Si assiste, così, alla graduale scomparsa degli artigiani ed al declino di questa attività. L'ultimo fornaciaio in attività è stato Antonio Lampariello, che fino a tarda età ha continuato a lavorare l'argilla secondo le antiche tradizioni. Oggi a Calitri sono presenti alcuni laboratori che si occupano della produzione artigianale di ceramiche ed altri ne stanno nascendo. Questi insieme ad alcune industrie, che si occupano della produzione di laterizi e vasi in terracotta, stanno portando avanti questa tradizione secolare; il tutto a conferma che il territorio e quello che esso offre sono strettamente legati con lo sviluppo di una comunità.
 
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venerdì 03 febbraio 2012

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